martedì 22 ottobre 2013

Farinata: between history and legend

It 'a simple dish that in its essence has gone through unscathed more than two thousand years. The chickpea Farinata, famous original focaccia from Liguria, also widespread in Piemonte and Tuscany, among the most popular street food, has had a long history started with the occupation of Genova of the Roman troops. Since the wheat flour was considered a luxury, the soldiers were preparing this pizza rudimentary with a mixture of chickpea flour and water, then baked in the sun, using their shields as "ovens".



E’ un piatto povero che nella sua essenzialità ha attraversato indenne più di duemila anni. La farinata di ceci, famosa focaccia originaria della Liguria, molto diffusa anche in Piemonte e in Toscana, tra gli street food più apprezzati, ha alle spalle una storia antica nata con l’occupazione di Genova delle truppe romane. Dal momento che la farina di grano era considerata un lusso, i soldati preparavano questa pizza rudimentale con un impasto di farina di ceci e acqua, che poi cuocevano al sole, utilizzando i propri scudi come “forni”.

Una leggenda fa invece risalire la farinata al Medioevo, in particolare alla Battaglia della Meloria, che nel 1284 vide fronteggiarsi la flotta navale di Genova e quella della Repubblica marinara di Pisa. Nel corso di una tempesta, sulle galee genovesi si rovesciarono sacchi di ceci e barili d’olio, che si mescolarono all’acqua del mare incamerata dalla nave a causa del maltempo. Le provviste erano poche e i marinai furono costretti, per sfamarsi, a cibarsi con quel miscuglio di ceci, olio e acqua salata. Prima di farlo, però, lasciarono asciugare tutto al sole e poi passarono la sorta di “frittella” ottenuta in forno. Contro ogni aspettativa, il risultato non solo fu commestibile, ma addirittura gustoso. Il piatto si impose a tal punto che un decreto del 1447 ordinò di utilizzare soltanto olio di buona qualità per prepararlo.
Molto presente sulle tavole, negli snack ma di recente anche negli aperitivi è apprezzata anche dai turisti, che la mangiano come cibo di strada. Storicamente presente nei ricettari italiani è immancabile in tutti i testi che parlano di cibo di strada, come quello di Stanislao Porzio o le guide di Slow Food e del Gambero Rosso fino alla guida internazionale di Lonely Planet.
 
 

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